Il tema della seconda parte di questo piccolo ciclo dedicato alla tanto decantata svolta ecologica, nelle mie intenzioni doveva essere un altro invece, per mio dovere di piacentina, di italiana e di giornalista, mi devo occupare ora del nostro “micro” ambiente.
A Piacenza rischiamo di cementare di più un territorio già devastato e di perdere altro verde di quel poco che ci rimane . È un colpo al cuore dei piacentini e della città la notizia che i Frati Cappuccini di Bologna, proprietari del complesso monastico di Santa Rita, vendono convento e parco annesso ad un’ impresa immobiliare. È un colpo al cuore anche a quell’idea di Chiesa che pensavamo dovesse amare e difendere il Creato a partire dalla Natura senza la quale nessuna forma di vita è possibile.
Inutilmente Papa Francesco parla di rispettare l’ambiente. Forse dovrebbe non solo predicare, ma mettere vincoli precisi sulla destinazione finale dei beni ecclesiastici in vendita. Innanzitutto non dovrebbero essere ceduti a speculatori, ma proposti a Enti e Istituzioni locali perché abbiano una destinazione di utilizzo pubblico (università, alloggi per studenti, centri culturali, musei, ambulatori ecc.).
Avremo a Piacenza altro terreno soffocato dal cemento, altri alloggi privati nonostante la popolazione diminuisca? Accadrà quello che è già accaduto altrove?
È successo anche con la Curia di Trento che ad Arco (TN) ha venduto un bel palazzo del ‘600 con un parco magnifico.
Lì, al posto di quella meraviglia, dove io stessa avevo vissuto e insegnato,
ora c’è un condominio. Possibile che non si possa intervenire a fermare se non la vendita almeno il progetto? Non può l’Ente pubblico comprare almeno la parte verde del Santa Rita? Lo stesso vale per il campo che l’Opera Pia Alberoni ha ceduto alla telefonia mobile per metterci una pericolosa antenna nonostante sia vicino a una scuola.
Non basta giustificarsi coi permessi ottenuti o coi contratti legali di compravendita, bisogna pensare a tutte le ricadute che avranno questi atti. Ci vuole una responsabile visione etica complessiva, un amore vero per la vita tutta: quella delle persone, degli animali, dei campi, degli alberi, dell’aria, di tutto. Abbiamo il diritto e il dovere di pretendere questo approccio da chiunque, anche dalla Chiesa. E non si dica che servono soldi per fare del bene se poi per questi soldi si fa anche del male.
Ma se per ora sembra complicato per il Comune difendere certo “verde ecclesiastico” dovrebbe essergli più facile bloccare il 5G come ha fatto il Comune di Santa Margherita Ligure e persino alcune città negli USA come Palm Beach dove hanno casa anche Donald Trump e altri personaggi famosi.
Perché loro devono essere protetti dalle potenti onde elettromagnetiche e noi no? Più semplice dovrebbe essere per la nostra amministrazione comunale occuparsi almeno dei pochi alberi rimasti, per non perderli come l’ultimo che era rimasto in via Giordano Bruno.
In Piazza Cittadella invece grazie all’irresponsabile, pericolosa incuria in cui versa l’edificio dedicato ai mutilati e caduti in guerra o in servizio, l’erba cresce tra le crepe. Forza della natura che non si arrende. Mentre i pezzi di cornicione che cadono rischiano di ferire qualcuno, lei, la Natura, ripropone la vita.
E lo fa anche quando semina paura, danni e morte, perché ci ricorda quanto sia precaria e preziosa la nostra vita e quello che dovremmo fare per tutelare persone e luoghi. Certo un po’ è colpa del ciclo dei cambiamenti climatici, ma anche colpa nostra che a furia di veleni e colture intensive rendiamo i terreni impermeabili alle piogge, imbrigliamo fiumi nel cemento, costruiamo troppo in riva a fiumi e mari e persino su aree sismiche. Nella zona dei Campi Flegrei presso Napoli, dove sono in corso scosse di terremoto, il Comune di Bacoli, che si trova proprio lì, ha approvato, proprio lì, la costruzione di 350 – si trecentocinquanta – nuove case. Non solo, ma dopo decine di anni non è ancora pronto un piano di evacuazione. Che dire? Cosa pensare di questi amministratori?
La tanto sbandierata scelta green di cui va fiera l’Unione Europea perché dovrebbe testimoniare la nostra presa di coscienza sui pericoli che corriamo noi e l’ambiente, sembra restare là per aria, volteggiante sulle nostre teste senza entrarci, senza mai toccare terra, senza concretizzarsi mai. Eppure ci impongono costosi cambiamenti al riscaldamento, alle auto, a tanto altro, impegni e obblighi in parte vanificati dalla somma enorme di episodi come quelli citati . Solo all’apparenza “piccoli” in realtà gravissime prove di incoscienza utilitaristica dove l’affare viene prima di tutto. Molto successo hanno avuto la performance del Laboratorio Popolare della Cultura e dell’Arte con l’emoticon “Piacenza piange” sullo Stradone Farnese vicino alla chiesa e l’arguta locandina del Bicipoint di Alberto Esse sulla quale Santa Rita, sembrava dire “Non nel mio nome”.
Lei, Santa dei casi disperati , potrà forse fare il miracolo di togliere l’ipocrisia di troppi che ufficialmente, attraverso i loro partiti, fingono di voler salvare il mondo e chi lo abita, ma vediamo bene che così non è.
Bruna Milani