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INTEGRAZIONE O CAPITOLAZIONE?

Una donna del Bangladesh, data in sposa (venduta) a un cugino in cambio di cinquemila euro, dopo anni di violenze ha trovato il coraggio di denunciare il marito. Questa donna ha creduto davvero che il nostro Paese condannasse la violenza e difendesse i deboli . Ha creduto nei diritti dei cittadini e delle donne, ha creduto che l’Italia fosse una nazione dove migliorare la propria vita.

Quella donna si è davvero integrata perché ha interiorizzato i nostri valori

al punto da trovare il coraggio di denunciare le violenza che subisce. Ma, purtroppo per lei, Il pubblico ministero di Brescia ha ritenuto l’uomo violento non condannabile perché non ha – secondo il magistrato – commesso reati in quanto il suo comportamento è dovuto alla sua cultura come se la cultura di un popolo non fosse la somma di volontà individuali stratificate o recenti.

Tra l’altro la legge bengalese è piuttosto avanzata rispetto alla mentalità di questo marito retrogrado. Ma c’è di peggio: il magistrato ha scritto che la donna sposando quel cugino aveva di fatto accettato quella mentalità. Anche se fosse, non si ha forse il diritto di cambiare idea, di volersi lberare e migliorare? Questo relativismo culturale è pericoloso. Giusto accogliere altre culture e permettere la loro espressione in vari ambiti (arti, abbigliamento, cucina, case, lingua, religione, usanze) purché non contrastino coi nostri valori e le nostre leggi. Accettare invece passivamente qualsiasi espressione di altre culture (come infibulazione, poligamia, segregazione femminile ad es.) consentirebbe il formarsi di gruppi a sé stanti, zone franche dove valgono altre leggi contrarie alle nostre. Non basta lavorare o frequentare le nostre scuole per dire che l’integrazione è avvenuta.

Molti bambini, ma soprattutto bambine, vivono una sorta di schizofrenia perché a scuola si ragiona in un modo e a casa in un altro. Da qui deriva tanto disagio, talvolta espresso con atti di violenza e ribellione, delle seconde generazioni di immigrati. Le leggi italiane dovrebbero valere per chiunque si trovi in Italia soprattutto per chi si rivolge alla nstra legge perché ci crede e le si affida. Pessimo esempio il pronunciamento di Brescia che toglie speranze di giustizia, libertà, emancipazione a certe straniere. Le respinge nell’ombra le riducece al silenzio, le abbandona alla violenza. È questo l’orizzonte civile e umano che diamo a bambine e donne immigrate?

Integrazione vuol dire imparare a far parte della nostra collettività regolata dalle nostre leggi. Quando un immigrato viene in Italia per restarci, poco o tanto, deve rispettare le nostre leggi. Bisognerebbe fargliele sottoscrivere altrimenti non dovrebbe restare. Speriamo che la decisione del pm bresciano sia annullabile, perché rappresenta un’integrazione alla rovescia che integra noi agli altri e non il contrario. “Riconsegnare” al carnefice quella donna coraggiosa è inaccettabile.
Chissà se adesso è sotto protezione in qualche casa rifugio. Se non fosse già cittadina italiana a questa signora bengalese darei la cittadinanza onoraria e il foglio di via al marito.
Bruna Milani

Nella foto di copertina, gentilmente concessa, vediamo un migrante che ha trovato riparo davanti alla Basilica di Sant’Antonino a Piacenza 

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2 Commenti

  1. Brava Bruna, condividiamo pienamente ciò che hai scritto. Rispettiamo pure le altre culture ecc. ma il Italia si rispettano le leggi italiane.

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