Più lo si scopre e più affascina Giuseppe Pellizza da Volpedo. Lo si comprende ogni volta che l’ Associazione a lui intitolata organizza una mostra, un convegno, un evento.
Volge al termine “Pellizza 2023” la XII edizione della Biennale d’arte cultura e spettacolo che si tiene a Volpedo. Nei giorni di sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre dalle ore 15 alle 18 è ancora possibile visitare, presso lo studio del pittore in via Rosano 1/A, la mostra “Figure femminili” dipinte fra il 1887 e il 1897. Undici opere nelle quali sono evidenti sia la bravura tecnica (nelle varie fasi del suo stile) sia l’attenzione stupefacente al dolore femminile.
L’ artista non si sofferma sulla bellezza delle donne, ma sulla loro interiorità dolente. Nei ritratti in mostra ci sono i volti delle donne a cui prestava maggiormente attenzione. Sono le contadine che non sorridono mai perché conoscono solo povertà, fatica, preoccupazioni e dispiaceri. Sono tutte giovani dallo sguardo limpido e fermo, ma già senza illusioni.
Nell’opera “La sposa” la donna sta seduta compita col velo bianco in testa e la bella gonna azzurra ricamata, ma non è felice, sembra stupita, preoccupata. Forse si è sposata troppo giovane, non sa cosa l’aspetta e deve ora comportarsi da adulta, ma non sa come e la giovinezza è già finita. Lo dice anche il suo umilissimo bouquet: due margherite di campo già sgualcite.
La tela “Un dolore” raffigura una giovane donna con la testa appoggiata al muro per non svenire dopo aver letto quello che tiene tra le mani: due pagine che sembra racchiudano una viola del pensiero. Un addio o un rimpianto? Dal suo volto pallido sono fuggiti i colori della vita.
C’è poi “La moglie dell’emigrato” china su se stessa in uno sfondo cupo come la sua pena.
Pellizza ha intitolato “La poverina” un ritratto di giovinetta dipinta con
colori bui e quel titolo sa tanto di compassionevole carezza.
L’ artista coglie anche la fatica delle lavandaie in dipinti accecanti di chiarezza, realtà delle lavandaie ritratte stremate di fatica sotto il sole cocente. Pellizza dipinge con tenera delicatezza bambine che accudiscono, come in un gioco, fratellini più piccoli e intitola il quadro “Mammine”. Ogni grande artista è ancora più grande se alla visione sa unire l’empatia. E Pellizza lo fa.
Delle donne coglie non solo la condizione triste che vivono in quell’epoca, ma ne intuisce le potenzialità. Quando si sposò la sua giovanissima moglie era analfabeta, ma egli la fece studiare tanto che poi lei fu in grado di aiutarlo in vari modi. Nello studio preparatorio de “Il Ponte” Pellizza inserisce una piccolissima sagoma di donna su un immenso greto deserto come fosse lei l’unica cosa viva, lei a “sorreggere” tutto.
La potenza della donna, l’importante ruolo che può avere, lo ha dimostrato in modo inequivocabile ne “Il Quarto Stato ” dove in prima fila, davanti a tutti, c’è una donna che incita e guida la protesta per i diritti dei lavoratori, per una società più giusta, per il futuro di quel bimbo che tiene in braccio.
Eppure Pellizza sa che rimane comunque qualcosa di sconosciuto nelle donne tanto che intitola un ritratto “La Sfinge”.
Altro mistero di tutto ciò che le donne tengono per sè è racchiuso in un meraviglioso profilo ad olio. Solo colpi di luce trasparente su fondo e volto scurissimi come fosse una scultura illuminata da una lampada. Le donne viste da Giuseppe Pellizza da Volpedo commuovono le donne che si sentono capite e potrebbero insegnare agli uomini con quale profonda e delicata attenzione ci si dovrebbe accostare al mondo femminile.
Non perdiamo quindi l’occasione di riflettere su questo tema e andiamo insieme, uomini e donne, a vedere questa splendida mostra d’arte vera fatta di tecnica eccellente, ma anche di intelligenza, intuizione e cuore.
Bruna Milani
Bellissimo articolo che coglie ,con squisita sensibilità , i più nascosti messaggi delle figure femminili dipinte da questo grande
pittore.