Spazza pavimenti, serve ai tavoli, pulisce i bagni. Nelle serate del weekend va a dare supporto allo staff di un locale del centro.
Per lei, bassa manovalanza e qualche strapazzata in caso di errori o incertezze, ma anche, e soprattutto, l’opportunità di imparare un mestiere e di guadagnare qualcosa.
Una prima occupazione, insomma, aspettando qualcosa di meglio che metta a frutto quanto studiato in una scuola prestigiosa (e costosa) che garantiva contatti con le aziende del settore(non della ristorazione!!) e un bagaglio di competenze spendibile, una volta laureati, nel mondo del lavoro. Tutte balle. Ma siamo in buona compagnia, e non ci scoraggiamo.
Siccome però la vita è adesso (Baglioni docet), anche mia figlia, come tanti suoi coetanei, si è stufata di restare parcheggiata aspettando quel futuro di lavoro adeguato e tanto spesso immaginato. A differenza di come certi stereotipi, e un certo tipo di stampa, disegnano i Neet (ragazzi sospesi in un limbo di non studio e non lavoro, tutti impegnati a piangersi addosso ) si è rimboccata le maniche e ha distribuito a mano curricula in quasi tutti gli esercizi del centro, prendendo porte in faccia e tanti “ le faremo sapere”.
Quando poi mi ha detto che aveva trovato posto come cameriera, con mansioni anche pesanti, mi è venuto da dire “Ma no. Lascia stare. Te li do io quei pochi soldi che guadagneresti…continua a cercare qualcosa di meglio, vedrai che arriverà”
Parole ricacciate subito in gola, e ancora ferme li. Ho visto che era contenta, positiva, pronta a mettersi in gioco, perché no? Tanto di cappello.
Ho ripensato alle fatiche che ho fatto anch’io (come tanti miei amici), ai tanti lavoretti che già a 16 e per tutto il tempo dell’università ho portato avanti contemporaneamente allo studio, ai sacrifici, alle speranze, spesso tradite.
Quella di guadagnarsi qualcosa, faticando un po’, è una cura che fa bene a tutti.
Forse, la nostra generazione, rispetto a quella attuale, qualcosa di meglio lo ha avuto, a suo tempo. La certezza che alla fine, un lavoro come si deve, sarebbe arrivato, prima o poi. I nostri figli, temo, hanno la certezza contraria. Il lavoro per cui hanno studiato non è detto che arriverà. Meglio, già da ora, preparare un piano B. E farselo andar bene.
Infine, una risposta collettiva ai tanti che mi hanno contattata, leggendo questo articolo:
GRAZIE A TUTTI!! Anche a chi non ha capito lo spirito dell’intervento…non penso che mia figlia sia un’eroina o un’eccezione. Semmai il contrario, ho scritto del suo caso proprio perché ritengo che la sua sia una condizione comune a tanti giovani e mi piace che se ne possa parlare, per non rinunciare comunque a cambiare le cose. Oppure, più realisticamente, per non rinunciare a far sapere ai nostri ragazzi che siamo orgogliosi di loro.
Ecco, allora io lo dico.
Brava Laura, il posto come cameriera non sarà un gran che. Ma quando passo davanti alle vetrine del bar dove lavori, e ti guardo senza che tu mi possa vedere…e vedo che ti dai da fare, sei stanca, ma sorridi sempre..bé, sono contenta anch’io e sono orgogliosa di te.
E visto che me lo avete chiesto in tanti…il bar é il K2, via Garibaldi a Piacenza…un sorriso, se andate, ci sarà anche per voi, almeno da parte di Laura