Scuola in affanno dopo solo una settimana di lavoro. Un sistema che ha mostrato da subito le tante criticità che erano già nell’aria (insieme al Covid) e sulle quali, evidentemente, non si è lavorato abbastanza. O addirittura per niente, alla faccia di facili proclami e di promesse già dimenticate. Sindacati sul piede di guerra, ma anche famiglie sconcertate e pronte a scendere in piazza.
SPAZI, DISTANZE, TRASPORTO, ORGANICI E TECNOLOGIA. ALTROCHE’ BANCHI A ROTELLE
Non era difficile. “Per limitare il rischio di possibili contagi- lamenta Daniela Fuochi (Segreteria provinciale Snals)- il Ministero, anziché pensare ai banchi a rotelle, avrebbe dovuto usare i mesi estivi, ma anche quelli precedenti, da marzo, per trovare spazi ampi dove poter dimezzare i numeri”.
La distanza di un metro da bocca a bocca, come criterio di disposizione dei banchi, si sta rivelando insufficiente e proprio le sigle sindacali denunciano che sono rimaste le classi pollaio con organici inadeguati a possibili, improvvise sostituzioni.
Per non parlare delle condizioni del trasporto che già in questi primi giorni sono state ampiamente documentate, con evidenti sovraffolamenti e numeri troppo alti anche a Piacenza.
E il personale? “Nell’infanzia e nella primaria non arriviamo a coprire nemmeno gli organici normali, figuriamoci quelli Covid” ricorda preoccupata Daniela Fuochi. E basta guardare i numeri per capire che mai come quest’anno la partenza dell’anno scolastico è stata lenta e complicata proprio per il reclutamento di docenti e operatori.
Quanto ai presidi di protezione, siamo ai minimi, almeno nelle scuole da cui ho avuto notizie: mascherine chirurgiche, flaconi di igienizzante sulle cattedre e agli ingressi, segni e tratteggi sul pavimento per il posizionamento dei banchi e finestre aperte, finché si potrà.
Ma è con le attrezzature tecnologiche che si poteva fare la differenza, immaginando una didattica alternata presenza-DAD che però presupponeva devices, Lim e connessioni funzionanti, che in molte scuole mancano o sono insufficienti.
DOCENTI IN ISOLAMENTO, LA BEFFA DEL CERTIFICATO– E così, a soli sette giorni dall’avvio dell’anno scolastico, a Piacenza ci sono già alunni e docenti in isolamento. 15 giorni a casa, due tamponi, in alcuni la casi l’avvio della DAD per garantire comunque continuità al progetto educativo. Certo, l’importante è la salute, ma oltre quella ci sono anche diritti e dignità professionale. I docenti in isolamento fiduciario, invitati a presentare un certificato medico, non sono al lavoro non per loro scelta, ma per una circostanza inedita, che il Ministero avrebbe dovuto contemplare istituendo un’assenza Covid, che non vada a sommarsi con i giorni di malattia vera e propria. “Un aspetto su cui vogliamo fare chiarezza-ricordano sia Daniela Fuochi Snals che Manuela Calza Flc-Cgil Nazionale, contattata sempre su questo argomento “La scuola deve essere ripensata per piccoli numeri- ci ha detto Calza tornando alle misure da mettere in campo-laddove si è lavorato con piccoli gruppi, le conseguenze, in caso di contagio, sono state minori e inferiore è stato l’impatto organizzativo, che invece, se si procede così, rischia di portare la scuola alla paralisi nel giro di poco tempo”.
PIACENZA, SI SONO DIMENTICATI CHE SIAMO STATI ZONA ROSSA– E Piacenza zona rossa? Ce la siamo dimenticata? Non ve li ricordate più i numeri della pandemia nella nostra provincia e le tante promesse per lenire, in parte, questa ferita? Nel mirino dei sindacati le scelte ministeriali e della Regione, di certo non l’operato dei Dirigenti scolastici che si stanno arrampicando sui vetri, tra mille pressioni.
“ Ci aspettavamo che Piacenza, zona rossa e provincia più colpita d’Italia-ricorda amareggiata Fuochi-avrebbe avuto una considerazione diversa e una preparazione adeguata per garantire la SCUOLA APERTA in sicurezza per tutti. Fondi, spazi, attrezzature, organici; non c’è stato nessun occhio di riguardo per una città che ha pagato un prezzo altissimo a questa pandemia”.
UN PLAUSO AI DOCENTI E AGLI OPERATORI DELLA SCUOLA No certo, i docenti non sono eroi, il termine è già stato usato e abusato in questi mesi. Ma un pensiero per chi lavora nel sistema educativo e di formazione non può mancare. Lo ricorda anche Manuela Calza “Docenti e operatori sono rientrati a scuola, in presenza, con grandi motivazioni e pronti a fare la loro parte.” Aggiungo che nemmeno da quelli in isolamento, con conseguenti disagi famigliari e personali, ho sentito lamentele. Solo una richiesta “Fateci tornare a scuola, a lavorare in sicurezza.” Il rapporto educativo e di condivisione umana appena ricucito con i ragazzi, non può essere spezzato così, a singhiozzo, per carenze organizzative e mancanza di buon senso. La scuola, tutta, merita di più.
Mirella Molinari